Jonathan

Jonathan

Ogni volta che qualcuno mi chiede di scrivere un articolo di presentazione dell’Associazione JONATHAN della nostra Parrocchia mi concentro sulla descrizione della nascita e dell’evoluzione del nostro gruppo e sull’elenco preciso e sintetico delle attività organizzate durante l’anno dalla compagnia di amici, disabili e volontari, che vivono insieme un po’ del loro tempo libero nel fine settimana.

Tuttavia questi aspetti credo siano noti a tutti quelli che partecipano anche marginalmente alla vita di Santa Maria del Suffragio o che solo sono passati sul Corso XXII Marzo nella giornata in cui l’Associazione vende giochi di legno in prossimità del Natale per auto-finanziare le sue attività.

E allora questa volta vorrei provare a trasmettere a quanti ci leggono le emozioni più profonde che ci spingono a vivere e a continuare questa esperienza, nata nel 1984. Perché, se il tempo libero di noi tutti è sempre poco, ci sono momenti della nostra vita che, vissuti alla luce dell’incontro con i ragazzi e le loro famiglie e insieme a loro, acquistano un significato diverso e profondo, sensazione che varrebbe la pena, almeno una volta nella vita, sperimentare.

Penso a quando noi “volontari” ci siamo diplomati, laureati, abbiamo trovato il lavoro,jonathan abbiamo incontrato un amore importante, ci siamo sposati, abbiamo atteso e accolto l’arrivo dei nostri figli, alla partecipazione dei nostri bimbi alle attività del Jonathan, a quelle volte in cui il peso delle nostre difficoltà così banali e “normali” si è confrontato con le vite delle famiglie dei nostri ragazzi. Penso ai dolorosi momenti in cui abbiamo partecipato insieme all’estremo saluto a uno dei nostri ragazzi o a un suo genitore, alle lacrime e  alle preoccupazioni per il futuro. A quando abbiamo ascoltato dalle mamme, dai papà, dalle sorelle e dai fratelli dei nostri ragazzi parole vive e vere: di gioia sincera per i nostri successi, di conforto per i nostri fallimenti, di incoraggiamento per i nostri problemi, di amicizia per noi e di affetto per i nostri figli, “i nipotini” del Jonathan.

 

…e io avrò cura di te…

Non sto parlando di gratitudine, ma di un legame, che è prima di tutto fra noi volontari e poi con i ragazzi e le loro famiglie, e che nasce dalla FEDELTA’ …c’è il volontario che si è trasferito fuori Milano per lavoro e che torna almeno una volta all’anno a salutare, c’è chi offre la sua esperienza per organizzare il pranzo di Natale per 90 persone, c’è chi si prende l’impegno di organizzare almeno un’attività durante l’anno e chi partecipa alla ginnastica settimanale del sabato mattina alla palestra Arca. E la nostra FEDELTA’ nasce dalla consapevolezza che esiste qualcosa che ci accomuna tutti: essere uomini che attraversano questa vita come se fossimo su un guscio di noce.Talvolta il mare è calmo, talvolta la tempesta sembra non finire mai, ma siamo consapevoli che solo tenendoci ben stretti gli uni agli altri la nostra vita e il nostro viaggio avranno un senso più vero e pieno.

Come dice Franco Battiato nella sua meravigliosa canzone “La cura”: “ti proteggerò dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai… ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore dalle ossessioni delle tue manie… e guarirai da tutte le malattie perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te.  Ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…”.

Ecco l’impegno che ci siamo assunti  e  la promessa che cerchiamo di mantenere: prenderci cura gli uni degli altri.

Questo è ciò che ci insegna il Vangelo e questa è la radice  dell’albero del JONATHAN, albero da cui qualcuno di voi, forse spinto dalla lettura di queste mie poche righe, vorrà venire a cogliere un frutto dolce e maturo che aspetta solo di essere raccolto.

    Claudia